Messico, continua la strage di giornalisti
Miroslava Breach Velducea, è questo il nome della giornalista di 54 anni assassinata con 8 colpi di pistola il 24 marzo a Chihuahua, in Messico. Il suo killer, ancora ignoto, ha lasciato un messaggio, letteralmente: “Per essere una bocca aperta”. La giornalista si occupava di inchieste inerenti criminalità organizzata e corruzione ed è proprio per questo che è stata uccisa.
Nella giornata di sabato, primo aprile, è stata organizzata una manifestazione per le strade della città, per mostrare chiedere a gran voce giustizia, ma soprattutto per aumentare la consapevolezza verso un enorme problema che affligge il Messico.
Un’analisi di Reporters sans frontières (Rsf) denuncia infatti che dal 2000 al 2016 sono stati uccisi 99 giornalisti a causa del loro lavoro investigativo. Ciò che spaventa, oltre all’effettivo pericolo, è il grado di impunità verso questi crimini, che si aggira intorno al 98%. Nel paese centroamericano è a rischio la libertà stessa di stampa, in quanto è impossibile svolgere un lavoro libero per i giornalisti in questo ambiente. Il presidente Peña Nieto e il suo governo non hanno ancora attuato alcuna misura per tentare di arginare il problema, che sembra addirittura in crescita.
Intanto il giornale per cui lavorava Miroslava Breach Velducea, Norte de Ciudad Juàrez, ha deciso di cessare la stampa e la vendita di copie cartacee del proprio giornale. Il motivo, così come ha annunciato Oscar A. Cantù Murguìa sulle pagine dello stesso, è appunto la salvaguardia dei propri giornalisti.
La speranza è che questo gesto drastico contribuisca a portare alla luce, anche a livello internazionale, una situazione inaccettabile per un paese democratico, in modo da forzare la mano al governo affinché si adoperi per risolverla.





